Dopo la diagnosi di mieloma smoldering nell’aprile 2024, iniziò per me un periodo che in gergo medico viene definito “watch and wait” – osservare e attendere. Una fase che, come medico, avevo consigliato a molti pazienti nel corso della mia carriera, ma che ora sperimentavo in prima persona, con tutte le implicazioni emotive che questo comporta.
Il mieloma smoldering rappresenta una condizione intermedia tra la gammopatia monoclonale di significato indeterminato (MGUS) e il mieloma multiplo sintomatico. È caratterizzato dalla presenza di una quantità significativa di plasmacellule clonali nel midollo osseo e/o di una componente monoclonale nel siero, ma senza i danni d’organo tipici della malattia conclamata. In questa fase, il trattamento immediato è controverso, e l’approccio standard consiste nel monitoraggio regolare per identificare tempestivamente eventuali segni di progressione verso il mieloma sintomatico.
I primi mesi dopo la diagnosi furono caratterizzati da un mix di emozioni contrastanti. Da un lato, il sollievo di non dover affrontare immediatamente terapie aggressive; dall’altro, l’ansia di convivere con una condizione potenzialmente pericolosa senza intervenire attivamente. Come medico, comprendevo la razionalità dell’approccio conservativo; come paziente, dovevo fare i conti con l’incertezza e la preoccupazione per il futuro.
In questo percorso, ho avuto la fortuna di essere seguito da un amico ematologo che conosco da almeno 25 anni. È stato lui a indirizzarmi verso il centro di riferimento nell’ospedale più grande della regione, dove trattano centinaia di casi come il mio.
Questa guida professionale e personale si è rivelata preziosa, permettendomi di accedere alle migliori cure disponibili.
Organizzai la mia vita attorno a un calendario di controlli regolari: esami del sangue mensili per monitorare i livelli di proteine monoclonali, le catene leggere libere e gli altri parametri ematici; visite ematologiche trimestrali; esami strumentali periodici come la risonanza magnetica total body e la PET-TC per valutare l’eventuale coinvolgimento osseo.
Durante questo periodo, cercai di mantenere il più possibile la normalità nella mia vita quotidiana e professionale. Continuai a lavorare con i miei pazienti, a partecipare a conferenze, a coltivare le mie passioni. Tuttavia, la consapevolezza della malattia era sempre presente, come un sottofondo costante che accompagnava ogni momento della giornata.
Paradossalmente, la mia formazione medica si rivelò in questa fase sia un vantaggio che un ostacolo. Un vantaggio perché mi permetteva di comprendere appieno il significato di ogni parametro, di ogni esame, di ogni decisione clinica. Un ostacolo perché quella stessa conoscenza mi rendeva fin troppo consapevole di tutte le possibili evoluzioni della malattia, alimentando a volte preoccupazioni eccessive.
Imparai a gestire questa ambivalenza attraverso un approccio che definirei di “consapevolezza equilibrata”: essere informato senza ossessionarmi, vigilante senza diventare ansioso, preparato senza anticipare problemi che potrebbero non verificarsi mai.
Con il passare dei mesi, i controlli strumentali iniziarono a mostrare una lenta ma progressiva evoluzione della malattia. Le immagini della risonanza magnetica evidenziavano un aumento delle lesioni midollari, sebbene ancora senza coinvolgimento corticale o fratture patologiche. Successivamente, una PET ha evidenziato lesioni allo sterno: infatti, durante la vacanza di agosto 2024, credo di essermi fratturato lo sterno dopo dei forti colpi di tosse in seguito ad una polmonite che ho avuto proprio in quel periodo. I valori ematici mostravano un incremento graduale della componente monoclonale e delle catene leggere libere.
Nonostante questa progressione strumentale e laboratoristica, continuavo a non manifestare sintomi evidenti. Nessun dolore osseo, nessuna stanchezza significativa, nessun segno di insufficienza renale o anemia. Ero in quella che potremmo definire una “terra di mezzo”: non più un semplice mieloma smoldering, ma non ancora un mieloma sintomatico secondo i criteri classici.
Fu in questo contesto che, circa sei mesi dopo la diagnosi iniziale, i miei ematologi iniziarono a discutere con me l’opportunità di iniziare un trattamento, nonostante l’assenza di danni d’organo conclamati. Questa proposta si basava su evidenze scientifiche recenti che suggeriscono come, in alcuni pazienti con mieloma smoldering ad alto rischio di progressione, un intervento terapeutico precoce possa migliorare la prognosi a lungo termine.
La decisione non fu semplice. Significava passare da una fase di osservazione passiva a un coinvolgimento attivo nel trattamento, con tutti i rischi e gli effetti collaterali che questo comporta. Significava modificare radicalmente la mia routine quotidiana, la mia vita professionale, le mie abitudini.
Dopo settimane di riflessione, consultazioni con diversi specialisti e un’attenta valutazione dei pro e dei contro, decisi di accettare la proposta di iniziare il trattamento.
Una decisione presa non solo sulla base di considerazioni cliniche, ma anche tenendo conto della mia qualità di vita e delle mie aspettative per il futuro.
Guardando indietro a questo periodo di osservazione, posso dire che è stato un tempo di profonda crescita personale. Ho imparato a convivere con l’incertezza, a trovare un equilibrio tra vigilanza e serenità, a prendere decisioni difficili in condizioni di ambiguità.
Soprattutto, ho imparato che anche nella malattia è possibile mantenere una buona qualità della vita, se si riesce a trovare il giusto approccio mentale e emotivo.
A chi si trova in una fase simile, consiglio di non sottovalutare l’importanza del supporto psicologico, sia professionale che da parte di familiari e amici. La fase di “watch and wait” può essere emotivamente logorante, e avere persone con cui condividere preoccupazioni e speranze è fondamentale. Allo stesso tempo, è importante non lasciare che la malattia diventi il centro esclusivo della propria esistenza: continuare a coltivare interessi, relazioni, progetti per il futuro è essenziale per mantenere un equilibrio psicologico.

